Ogni anno mi viene voglia di scrivere su Sanremo, poi ci rinuncio. Oggi invece ci provo. Non voglio parlare della competizione canora, ovviamente, ma del carrozzone mediatico che le gira intorno. O meglio, vorrei cercare di capire come una semplice competizione canora si possa trasformare in carrozzone mediatico di importanza nazionale.
Secondo me il termine giusto per definire questo fenomeno è autopoiesi, ovvero la generazione di qualcosa da sè stesso. Si parte da uno semplice concorso di canzonette, nel quale presentatori e cantanti si alternano sul palcoscenico per intrattenere il pubblico. E questo potrebbe essere un evento limitato ad una qualunque località della riviera, del quale al massimo si parla sui giornali locali. Ma se i media nazionali decidono di dare importanza all’evento, ecco che l’evento stesso – senza cambiare di una virgola nei suoi contenuti – diventa qualcosa di diverso. Diventa famoso per il fatto stesso che se ne parli.
E’ un pò come quello che succede con personaggi come Chiara Ferragni, oppure Paris Hilton, o altre dozzine di nullità che sono famose per il semplice fatto di essere famose. E Sanremo è la stessa cosa. Il nulla riesce a far parlare così tanto di sè stesso che diventa famoso per quel motivo. Autopoiesi del successo allo stato puro.
Naturalmente, nulla avviene per caso. Una volta che i media hanno creato questo mostro basato sul nulla, sanno benissimo che il popolo abbocca e si mette a seguire con fanatica attenzione il vuoto pneumatico che questo mostro rappresenta. Le teste vengono così piallate regolarmente, ogni anno, nel caso fosse emersa nel frattempo qualche asperità in forma di pensiero critico.
Sanremo è come un grande termometro al contrario: invece di misurare la temperatura del pensiero nazionale, stabilisce questa temperatura, riabbassandola ogni anno a livelli di sicurezza. Quelli del nulla rivestito di niente.
Altro che festival della canzonetta.
Massimo Mazzucco