SCENARI: ODESSA E TRIESTE PORTI FRANCHI SOTTO TUTELA ONU?

Preservare il ruolo commerciale internazionale di Trieste

Per quanto riguarda il porto di Trieste, nel quadro di un negoziato complessivo sulla sicurezza, andrebbe sottratto al rischio di militarizzazione Nato,  che ne vanificherebbe la natura di Porto Franco aperto a tutti. Un rischio concreto di cui abbiamo parlato su Pluralia in precedenti articoli  e di cui parla ripetutamente anche la rivista di geopolitica Limes. Temibile eventualità ribadita dalle stupefacenti parole del Presidente della Camera di Commercio di Trieste e Gorizia, Antonio Paoletti, pronunciate in un convegno pubblico sul porto il 24 febbraio scorso e ribadito nel comunicato di Confcommercio di cui è presidente: “Sarebbe auspicabile” che il Porto di Trieste “diventasse una base Nato essendo posto in una regione cruciale per il contenimento cinese.

Dunque anche nelle istituzioni c’è chi lavora perché Trieste da Porto Franco votato allo sviluppo del commercio internazionale si trasformi in uno strumento di guerra almeno commerciale contro una parte rilevante del mondo.

Infatti il porto di Trieste lavora al 90% con l’estero, essendo un gateway dei traffici da e per l’Europa centrale e orientale che utilizza largamente le ferrovie, grazie ai vecchi collegamenti ereditati dalle ferrovie austriache.

L’Ungheria vi sta costruendo un importante terminal che dal 2028 diventerà il suo sbocco al mare. Il terminal utilizza lo speciale status di extraterritorialità doganale che lo pone fuori dalla “giurisdizione” doganale dell’UE e dell’Italia. La Guardia di Finanza non può entrare: caratteristica unica del Porto Franco triestino. Di questo gli ungheresi sono entusiasti e parlano di evento storico perché riporta l’Ungheria sul mare dopo 100 anni.

Dal porto giuliano parte anche l’oleodotto transalpino Tal/Siot che da cinquant’anni pompa petrolio greggio dalle petroliere fino a Ingolstadt in Baviera, fornendo il 40% del fabbisogno petrolifero della Germania (il 100% della Baviera e del Baden-Württemberg), il 90% dell’Austria e il 100% della Repubblica Ceca.

La strategicità anche militare di Trieste è fuori discussione ed è confermata dalla grande attenzione che una rivista di geopolitica come Limes le dedica ripetutamente insieme alle riviste americane Atlantic Council e The National Interest.

Il suo stato giuridico attuale è molto particolare e poco noto in Italia e deriva dal Memorandum di Londra del 1954 che non aveva rango di Trattato Internazionale: firmato da Gran Bretagna, Stati Uniti, Jugoslavia e Italia. Vi si conveniva che l’Amministrazione Civile del Territorio Libero di Trieste (TLT) venisse trasferita dal Governo Militare Alleato (GMA) al Governo italiano. Il successivo Trattato di Osimo del 1975 era solo bilaterale, tra Italia e la defunta Jugoslavia, e serviva solo alla reciproca definizione dei confini.
Tuttavia il governo Italiano non ha mai dimostrato interesse allo sviluppo del Porto Franco giuliano di cui anzi in 70 anni non ha implementato tutte le potenzialità, in particolare quelle riguardanti la produzione industriale in regime di extradoganalità. Il TLT, demilitarizzato e neutrale sotto controllo dell’ONU, fu istituito dall’art.21 del Trattato di Pace con l’Italia, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947 sottoscritto da 21 potenze tra cui Russia e Cina, che stabiliva:

  • riconoscimento del TLT da parte delle Potenze Alleate e Associate e dell’Italia;
  • garanzia dell’integrità e dell’indipendenza del TLT da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite;
  • cessazione della sovranità italiana sul territorio designato, in quanto paese sconfitto;
  • istituzione di un regime provvisorio di governo (GMA), in attesa della nomina di un Governatore da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dove la questione restò nell’ Ordine del Giorno ufficiale fino all’8 gennaio 1978(1)

Di conseguenza, la situazione giuridica di Trieste può evolvere, nel pieno rispetto del diritto internazionale, in una nuova internazionalizzazione sotto l’egida ONU. Teoricamente basterebbe che la nomina del Governatore del Territorio Libero venisse posta nuovamente all’Ordine del Giorno del Consiglio di Sicurezza per iniziativa di uno stato membro del medesimo. Facendo così valere il fatto incontrovertibile che un Trattato di Pace firmato da numerose potenze è fonte primaria di diritto internazionale, prevalente su eventuali accordi successivi tra solo due parti.

Sono cose che possono succedere nell’ambito di ribaltoni geopolitici come quello in atto e di ridefinizione degli assetti mondiali. Certamente preferibili all’instabilità dovuta allo sviluppo di infrastrutture militari, gestite dalla Nato o da coalizioni di “volenterosi” velleitari, come quella che vorrebbe Trieste in funzione di sostegno logistico e operativo al fianco Est ella Nato, o Scudo Europeo per la Democrazia che dir si voglia.

Diversi Paesi, per non parlare della popolazione locale, avrebbero interesse a che la situazione del Porto Franco Internazionale di Trieste fosse sottratta a rischi militari e che le prerogative anche industriali del Porto Franco venissero finalmente sviluppate: dai Paesi mitteleuropei a quelli eurasiatici, alla Cina (che progettava di dotarlo di un terminal della Via della Seta poi bloccato per intervento americano), alla Turchia che utilizza i vantaggi del Porto Franco per indirizzarvi il 70% delle sue esportazioni.

In particolare ne sarebbero tutelate la funzione di Porto Franco aperto all’intera comunità internazionale, senza ingerenze militari, e la funzione storica di collegamento marittimo / ferroviario fra la parte orientale e occidentale del grande continente eurasiatico, come previsto dai Trattati internazionali.

Internazionalizzazione dei porti strategici come strumento di stabilità e pace.

In un’architettura di sicurezza europea volta alla pace e alla stabilità sarebbe un vantaggio porre sotto controllo internazionale queste infrastrutture strategiche, o quantomeno discuterne apertamente ad alto livello e senza pregiudizi.

Del resto è proprio in epoche di dazi, guerre guerreggiate o commerciali che si manifesta la necessità di Porti e Zone Franche, utili a tutti e dove poter continuare gli scambi per tutelare il commercio globale.

Anche se questo scenario oggi può sembrare remoto, in un contesto di radicale riassetto geopolitico ricco di imprevisti come quello attuale è necessario elaborare scenari e nulla può essere escluso a priori.

Lo stesso caso di internazionalizzazione del territorio e del porto di Trieste dopo la Seconda Guerra Mondiale dimostra che durante transizioni sistemiche simili soluzioni possono riemergere con il consenso delle grandi potenze e diventare un utile strumento di risoluzione dei conflitti.

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