La recensione del nuovo libro di Francesco Foti – autore, editore ed esperto di comunicazione social – intitolato La Squadra edito da People, la casa editrice fondata da Giuseppe Civati.
Le protagoniste del testo sono Alexandria Ocasio Cortez, Ilhan Omar, Ayanna Pressley e Rashida Tlaib. Quattro donne membre della “Squad”, il gruppo congressuale situato alla sinistra del partito democratico statunitense, finito agli onori di cronaca per le sue posizioni spesso considerate troppo radicali per un paese che si porta ancora il retaggio culturale del maccartismo e nel quale anche il sol fatto di parlare di sanità gratuita rischia di qualificarti come un pericoloso comunista.
Direttamente da dentro il mondo istituzionale le quattro politiche affronteranno le insidie di un partito e di un establishment fortemente ancorati su posizioni spesso centriste e conservatrici. E come in ogni storia che si rispetti, anche questa ha i suoi villan. Oltre ai membri del GOP, le nostre eroine dovranno scontrarsi anche coi senatori Manchin e Sinema, l’ala “moderata” (leggasi destrorsa) dei dem.
Le battaglie che la “Squad” si troverà ad affrontare sono riassunte in dieci compendiosi capitoli, dove ognuno tratta un tema centrale della politica americana: tassazione dei grandi patrimoni, aborto, razzismo, ambiente ecc.
Nonostante le poche pagine usate per affrontare queste tematiche, l’autore trova lo spazio di deliziarci con dati spesso molto curiosi, di viatico al sostentamento delle sue tesi.
Scopriamo così che ai tempi del New Deal di Roosevelt, lo zenith delle politiche keynesiane nordamericane, l’aliquota marginale – calcolata solo per ciò che sta “in su” – per i redditi superiori a 200.000 annui (al cambio c.a. 4 milioni) era del 94%!
Oppure che tra il 2019 e il 2020 si è avuto un rialzo della vendita di armi del 64%, che ha portato a contribuire la triplicazione delle morti da armi da fuoco nel quinquennio 2015-2020.
Oltre alla politica interna verrà trattato il tema della politica estera e delle molteplici responsabilità dell’amministrazione Biden nei confronti della pessima gestione dell’immigrazione al confine col Messico. Citando il caso della ICE, la sedicente e controversa polizia che si occupa di contrastare l’immigrazione, si parlerà dell’aggressiva politica estera statunitense che, unita alle problematiche climatiche, aggrava sensibilmente la questione, andando a pesare sullo sviluppo e sulla qualità della vita del “cortile di casa”.
Ed è proprio il tema ambientale ad esser a più riprese tirato fuori al fine di raccontare la proposta che sarebbe passata agli onori di cronaca come Green New Deal, un grosso pacchetto di riforme fortemente voluto da AOC per rendere più ecologica l’economia americana creando al contempo più posti di lavoro. Anche qui, l’opposizione interna ed esterna impedirà che il pacchetto di riforme passi così com’era stato concepito.
Che si tratti di crisi ambientale o di diritti sindacali, il leitmotiv attorno al quale si costruisce la narrazione è sempre la “squadra”.
“La narrazione che si fa delle lotte è così pacificata e ridotta all’eroismo individuale piuttosto che alla mobilitazione collettiva”
Al di là del grottesco artificio della “Squad”, continuamente usato come termine ombrello nonché ubiquo soggetto logico onnipresente, l’impressione è che si crei una sorta di patina quasi esoterica, come se queste quattro donne perno del gruppo (in realtà l’autore puntualizzerà che l’organico della squadra è più diversificato) possano rappresentare il deus ex machina di ogni singola questione della politica americana. La narrazione che si fa delle lotte è così pacificata e ridotta all’eroismo individuale piuttosto che alla mobilitazione collettiva.
Quando si parla di lotte e rivendicazioni lo si fa infatti solamente dal punto di vista istituzionale, dimenticando di trovarci davanti a un paese fortemente polarizzato, con un sistema bipartitico al colmo della sua crisi e vittima di una situazione sociale fortemente aggravata dal carovita e dalla crescente disuguaglianza.
Di questo è ben consapevole anche Foti che infatti ci ricorda la forte presa di posizione della working class nordamericana nei confronti della sindacalizzazione, nonostante l’ingente lobbysmo delle grandi imprese. Da Amazon a Starbuck, sempre più lavoratori e lavoratrici scelgono di esser rappresentati da un loro sindacato, mentre nel mondo politico e accademico l’espressione “socialismo” si sdogmatizza sempre più. I movimenti di base guadagnano nuova linfa vitale e creano spazio per una ritrovata radicalità del discorso politico, mentre i diritti civili, come la questione dell’aborto libero e sicuro, portano in piazza migliaia di persone.
Risulta quindi perlomeno legittimo chiedersi se fosse la squadra stessa l’avanguardia delle classi che vuole rappresentare oppure AOC e le sue colleghe siano loro stesse il prodotto di quell’effervescente sottobosco culturale e di sinistra che recentemente si sta consolidando in America.
Questo tipo di lettura ridimensionerebbe da un lato il discorso prettamente istituzionale e soprattutto darebbe voce alle migliaia di persone che negli ultimi anni sono scese in piazza, hanno organizzato comitati, sindacati e associazioni al di fuori del Congresso al fine di spingere per un’agenda concretamente sociale, antirazzista e progressista.
Sulla scrittura invece ben poco da obiettare, la prosa del libro sussiste in un linguaggio semplice ma al contempo asciutto e ben costruito, qualcuno direbbe “da manuale”. Il taglio è di natura chiaramente giornalistica, il che rende la lettura scorrevole e immediata, complice anche il basso numero di pagine. Il punto di forza del testo è proprio questo, il saper esser un cospicuo aiuto per capire la politica statunitense attuale, anche in relazione ai temi maggiormente sentiti dall’opinione pubblica nel dibattito politico. Viene così offerta una visione tout court del dibattito, anche in seno all’asinello, sui temi più divisivi della storia americana recente.
Il saper esser un cospicuo aiuto al fine di comprendere l’attuale politica statunitense è certamente il punto di forza del testo. L’essenzialità e la vasta gamma di temi trattati ne fa un’ottima cartina d tornasole dell’articolazione della discussione politica negli USA post Trump.
“La squadra non è l’origine delle rivendicazioni, ma il corollario di anni di lotte e proteste”
Ma la breviloquenza porta anche ad una visione prettamente parlamentare e pacificata del dibattito, in cui si ha l’impressione che l’unico modo funzionale ai movimenti sia la lotta nelle stanze del Congresso. Lotta di cui nessuno vuole metterne l’utilità, ricordandoci però che, se la Storia ci ha insegnato qualcosa, è proprio che senza un’agenda politica chiara e il supporto delle masse popolari, difficilmente ci potranno esser reali conquiste formali.
La squadra non è l’origine delle rivendicazioni, ma il corollario di anni di lotte e proteste che son state in grado di invertire il contenuto spostamento a destra dell’asse politico del Paese. Ed è anche questo che bisogna ricordare, che per ogni AOC al Congresso ci sono migliaia di altre persone nel Bronx, a lavorare nel campo della ristorazione, con stipendi chiaramente inadeguati a sostenere il costo della vita nella Grande Mela. Il motore del cambiamento sono e saranno soprattutto loro, quella massa eterogenea di individui che continua a subire il razzismo e il classismo della società statunitense e che ora cerca riscatto.
Se però l’obiettivo dell’autore è quello di raccontare, seppur brevemente, cosa accade in quella commistione che è il mondo alla sinistra parlamentare dem, allora il libro assume egregiamente al suo dovere. Nei palazzi politici dello stato liberale per eccellenza c’è fermento e le possibilità che nel tempo emergano forze in grado di contrapporsi alle politiche fino ad ora ivi varate si fa sempre più concreta, e di ciò dobbiamo senz’altro rendere merito alla “Squad”.