Un viaggio critico attraverso la società: dal “Satyricon” di Petronio a “Petrolio” di Pasolini

di Paolo Lago

Fra i vari punti di contatto fra il Satyricon e Petrolio1, il romanzo postumo di Pasolini uscito nel 1992 e definito dall’autore come un «Satyricon moderno», dobbiamo sicuramente annoverare anche l’andamento picaresco della narrazione, cioè una modalità di scrittura che riprende formalmente il libero girovagare senza meta dei personaggi. In Petrolio, infatti, quasi all’inizio degli appunti che possediamo (l’opera è costituita da una congerie di appunti), comincia un lungo viaggio attuato dal personaggio ‘demonico’ Carlo di Tetis fino in Sicilia. Successivamente, lo stesso si recherà anche a Torino e nella villa di famiglia, nel Canavese, dove si concederà ogni tipo di sfrenatezza sessuale. Il movimento del personaggio attraverso l’Italia è accompagnato da accuratissime descrizioni, non prive di slanci poetici, dei luoghi attraversati. Così è nell’Appunto 3d, dove sono descritte le zone di Roma attraversate da Tetis in tram, fino alla stazione e ai luoghi percorsi dal treno per giungere in Sicilia. Anche nel soggiorno nel Canavese e a Torino, la penna dello scrittore descrive accuratamente tutti i luoghi e le azioni che si svolgono quasi come se a rappresentarli fosse una macchina da presa (lo stile cinematografico, infatti, è molto frequente in Petrolio). Il viaggio è quindi accompagnato da accurate descrizioni paesaggistiche e sociali.

Non è un caso che il personaggio demonico Carlo di Tetis, sovvertitore dell’ordine costituito, sia connotato come un viaggiatore. L’erranza, secondo Michel Maffesoli (che si rifà agli studi di Michel Foucault), intesa come espressione metaforica della categoria antropologica del nomadismo, si contrappone alla struttura del potere, che è sempre sedentario e dall’alto impone le sue regole di disciplina. Anche Gilles Deleuze e Félix Guattari, all’inizio degli anni ottanta, in Mille Piani, avevano posto più o meno in questi termini la contrapposizione fra nomadismo e sedentarietà, mettendo l’uno di fronte all’altro lo «spazio liscio» del deserto popolato dai nomadi, e lo «spazio striato» della città sottoposto ai meccanismi del controllo statale2.

Si potrebbe affermare che lo spostamento, il viaggio è anch’esso un elemento utilizzato da Pasolini per riflettere sul “mutamento antropologico” degli italiani e su quello paesaggistico dell’Italia (ad esempio, nell’Appunto 62, nella periferia romana, incontriamo «file stipate di macchine», «vialoni», «miserabili palazzi nuovi», cigli di fango contro i rottami di macchine», il tutto sormontato dagli odiati «festoni delle feste di Natale»)3. Anche nella serie di Appunti che recano il titolo “I Godoari”, Carlo, partendo dalla stazione di Torino devastata da una bomba (evento che suona terribilmente profetico in relazione alla strage alla stazione di Bologna del 1980), si inoltra attraverso una campagna incontaminata che, gradatamente, si trasforma in zona industriale, in un luogo caratterizzato da inquinamento e discariche, e poi in periferia. In quest’ultima svettano i ‘casermoni’ delle nuove periferie dove gli abitanti si muovono come tanti esseri meccanici, perduti nella ripetizione sempre uguale della loro quotidianità assoggettata alla società dei consumi.

Il movimento picaresco di Carlo avviene spesso di notte. Nell’Appunto 62, Carlo e Carmelo vengono ritratti nelle loro peregrinazioni notturne, in macchina, vicino la borgata di Casal Bertone, nel tentativo di cercare un luogo adatto all’incontro erotico. È notte e «nell’aria era scesa come una caligine»4: la situazione è quasi labirintica, nell’atmosfera cupa e caliginosa l’automobile percorre le strade alla cieca, come dentro un labirinto. Successivamente, concluso l’incontro con Carlo, Carmelo continua a piedi fino a casa, ma viene fermato da due oscuri personaggi (descritti come «due funghi di caligine sospesi contro l’ombra»), che evidentemente lo conoscevano, ed inizia un altro lungo viaggio notturno in auto: assistiamo così di nuovo ad un’accurata descrizione paesaggistica dei luoghi attraversati dall’automobile. Carlo, invece, nell’Appunto 70, si spinge a piedi fino al Colosseo e si imbatte nella “Visione del Merda”, una discesa infernale nella degradazione antropologica e sociale dell’Italia contemporanea, modellata sulla catabasi dantesca.

D’altra parte, il personaggio di Carlo, caratterizzato come un ingegnere dell’ENI implicato nelle oscure trame legate all’omicidio di Enrico Mattei (nel romanzo, infatti, compaiono sia Mattei che Eugenio Cefis, che ne prenderà il posto ai vertici dell’ENI, sotto i nomi di Enrico Bonocore e di Aldo Troya), compie anche un viaggio in Oriente, dalle tonalità mitiche ed iniziatiche, modellato sulle Argonautiche di Apollonio Rodio. Gli appunti dal 36 al 40 appartengono ad una sezione intitolata “Gli argonauti” e dovevano costituire un rifacimento in chiave contemporanea del poema di Apollonio in cui il Vello d’oro (oggetto della ricerca di Giasone e dei suoi compagni) è sostituito dal petrolio, motore del neocapitalismo maturo. Tali appunti costituiscono un viaggio iniziatico ed esplorativo in territori lontani compiuto da un personaggio il cui compito è quello di realizzare una vera e propria mappatura ‘tecnica’ per conto dell’ENI di gran parte del territorio mondiale.

Anche nel Satyricon, all’inizio della parte che possediamo, si instaura una situazione labirintica ambientata nella Graeca urbs, una città magnogreca che non è stata identificata con certezza (la critica oscilla fra Napoli e Pozzuoli). Encolpio, vagabondando per la città, ad un certo punto non riesce più a ritrovare la strada giusta per tornare all’albergo: «non sapevo né la strada né dove fosse l’albergo, perciò, dovunque andavo, tornavo sempre nello stesso punto» (6,4). L’atmosfera, anche se non notturna, è comunque oscura: le strade della città vengono descritte come anfractos obscurissimos, vicoli buissimi. Dopo una serie di frammenti in cui l’azione non è ricostruibile con precisione nella sua interezza, finalmente Encolpio ritrova Gitone, scorto attraverso una caliginem che ci ricorda quella di Petrolio: «Come attraverso una fitta nebbia vidi Gitone in piedi sul marciapiedi di una stradina, luogo dove anch’io mi precipitai» (9,1). Il movimento picaresco di Encolpio, Ascilto e Gitone, nella Graeca urbs, intoppa nella cena Trimalchionis, dalla quale riusciranno a fuggire per tornare all’albergo dove avverrà la separazione tra Gitone – che se ne andrà insieme ad Ascilto – ed Encolpio, fino all’incontro con Eumolpo. Il motivo dell’incontro5 è infatti direttamente legato al viaggio, allo spostamento, e gioca un ruolo assai importante nel Satyricon come in Petrolio. Nel primo, numerosi personaggi incontrati saranno determinanti per lo svolgersi della trama, si pensi soltanto a Eumolpo, il cui incontro innesca l’avventura sulla nave di Lica, o a Circe, personaggio da cui scaturiranno tutte le problematiche legate alla sopraggiunta impotenza di Encolpio. Anche in Petrolio, numerosi personaggi incontrati sono fondamentali per la struttura narrativa: ad esempio, la spia Pasquale, i ragazzi del «pratone della Casilina», lo stesso Carmelo, incontrato al Toulà, il gruppo di ragazzi incontrato di notte al Colosseo che innesca la Visione del Merda.

Se in Petrolio il viaggio assume, come abbiamo visto, la fondamentale valenza di reportage critico sulla società contemporanea, anche nel Satyricon il girovagare dei personaggi è un espediente narrativo utilizzato per rappresentare in modo critico la degradazione dei costumi di età neroniana. Nella definizione di «Satyricon moderno» che l’autore conferisce a Petrolio, perciò, molto probabilmente dobbiamo intravedere anche la ricezione di questa struttura di viaggio utilizzata per riflettere sulla società contemporanea. Come negli articoli giornalistici degli Scritti corsari Pasolini andava denunciando la “mutazione antropologica” degli italiani, così, in Petrolio, per mezzo della struttura formale del viaggio trasformatasi in vera e propria lente critica puntata sulla società contemporanea, l’autore ci mostra i nefasti e ‘apocalittici’ effetti di quella stessa tragica mutazione che continua inesorabilmente anche ai giorni nostri.

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