di Giorgio Bona
Isabella Lucy Bird, In viaggio sulle Montagne Rocciose, trad. dall’inglese di Michela Piccarreta, pp. 207, € 18, Lorenzo de’ Medici Press, Firenze 2024.
Le Montagne Rocciose si estendono per ben otto stati tra USA e Canada. Ricche di tradizione e di leggenda, con i loro paesaggi mozzafiato scenari di grandi avventure hanno offerto un sostegno fondamentale alla grande epopea del Vecchio West.
La storia della presenza umana tra queste montagne è antica, ma il primo bianco a descriverle è l’avventuriero, giornalista e scrittore Rufus B. Sage (1817-1893) nel suo volume Scenes in the Rocky Mountains, 1846, sulla vita dei cacciatori di pellicce.
Nel 1858-59 inizia la famosa corsa all’oro che vi attira gente di ogni specie, avventurieri, trafficanti e poco di buono, ed è in tale contesto che il pioniere e cacciatore Joel Estes (1806-1875) si inoltra tra le montagne per trasferirvisi poi con la numerosa famiglia.
Le Rocky Mountains accendono la grande epopea americana con le leggendarie esplorazioni di Kit Carson (1809-1868) e di Jim Bridger (1804-1881), per non parlare del meno noto Hugh Glass (c. 1783-1833) che intraprende un lungo percorso su un terreno impervio. Assalito da un orso, Glass si ritroverà in un territorio ostile e sotto la minaccia continua degli indiani Dakota: una vera odissea, con un viaggio di circa tremila miglia attraverso le condizioni più estreme. Ed è a questa tradizione che si richiama il libro in esame, pure legato a saghe ottocentesche tanto ricche di storia e di avventura.
Le Montagne Rocciose vengono però qui raccontate da una figura femminile, una grande esploratrice che mostra alle donne del suo tempo una strada coraggiosa per l’emancipazione: una strada che coniuga l’amore per gli orizzonti inesplorati e selvaggi – e in generale per la natura – alla passione per l’umanità.
In edizione integrale si presenta infatti il viaggio che Isabella Lucy Bird (1831-1904) scrive durante un lungo percorso a cavallo che la porta ad attraversare le Montagne Rocciose nel 1873. Costruito attraverso le lettere che l’autrice invia alla sorella, questi scritti rappresentano un documento unico sulla vita di frontiera degli Stati Uniti dell’Ottocento. Paesaggi mozzafiato, animali feroci – lupi, orsi – fatiche e avventure, animano queste pagine, godibili come un romanzo dell’epoca vittoriana.
Il paesaggio qui è gradevole. La capanna di tronchi, in cima alla quale è stata costruita una stanza con tetto svizzero ripido e ornamentale, si trova in una vallata vicino a un fiume limpido e impetuoso, che sorge un po’ più in alto da una voragine di grande sublimità. Una parte della vallata è formata da rocce e terrazze di porfido rosso come il più rosso del mattone nuovo, e al tramonto sfuma nel vermiglio. Attraverso le fenditure delle catene più vicine s’intravedono cime coperte di pini che, al crepuscolo, tramutano in tutte le sfumature del viola e del porpora. Il cielo e la terra si combinano fino a formare una terra delle meraviglie ogni sera: una colorazione così ricca e vellutata di cremisi e viola; un cielo così arancione, verde e vermiglio; nuvole così scarlatte e smeraldine; una straordinaria secchezza e purezza dell’atmosfera. Poi l’ultimo bagliore che sembra fondere la terra e il paradiso! Quattro colori, le Montagne rocciose battono tutto ciò che ho visto. Negli ultimi giorni l’aria è stata fredda, ma il sole luminoso e caldo.
Sin da bambina Isabella Lucy Bird ha mostrato un carattere forte e ribelle. Ha problemi di salute, e il medico curante consiglia che rafforzi il suo fisico vivendo il più possibile all’aria aperta. È così che Isabella impara a cavalcare, a remare, a vivere in mezzo alla natura.
Le aspettative delle donne in quel periodo sono molto limitate e gli slanci, quei lampi di entusiasmo che animano vita, regolarmente repressi. In sfida a un sistema che produce donne malate di nostalgia, insonnia e gravi forme di depressione Isabella si impone con determinazione, provocando a testa alta la società benpensante.
Cavalcando come un uomo percorre così tutte le Montagne Rocciose fino al Colorado, e qui conosce il famoso Jim Nugent detto “Rocky Mountain Jim”, avventuriero dal profilo indubbiamente losco ma dal comportamento da vero gentleman. Compagno di viaggio e guida, cieco da un occhio, incline alla violenza e con la stessa passione attratto da componimenti poetici, Nugent aiuta Isabella a salire sulla vetta di Long’s Peaks.
Mi ripeteva poemi di grande merito che aveva composto, e mi raccontava di più della sua vita. Sapevo che nessun altro avrebbe potuto parlargli così, e per l’ultima volta lo misi sull’avviso di cambiare vita, cominciando dall’abbandonare il whisky, cominciando dal dirgli che disprezzavo gli uomini con questo vizio. Troppo tardi! Mi rispondeva sempre…
Una squisitezza di modi tanto che in un ufficio postale mi chiesero se era vero che il gentleman in mia compagnia fosse “Mountain Jim”, perché era impossibile che una persona così gentile potesse essere autore dei misfatti attribuitigli.
Si racconterà anche che tra i due sorgesse un’attrazione reciproca e nascesse una storia. Era il 1973. Jim l’anno dopo morirà per un colpo d’arma da fuoco. “È un uomo di cui ogni donna potrebbe innamorarsi ma che una donna sana di mente non sposerebbe mai”, scrive alla sorella parlando di questo personaggio dal passato torbido.
Isabella aveva sentito parlare delle grandi virtù terapeutiche climatiche del Colorado e delle Rocky Montains. Eccola dunque percorrere coraggiosamente strade affollate di cercatori d’oro, ubriachi e giocatori d’azzardo, comprare un cavallo per andarsene da sola a Lake Tahoe, a cavalcioni con un vestito che aveva adattato all’evento, e rischiare la pelle per l’incontro pericoloso con un orso. Ma questo non la fa desistere, anzi la sprona ad andare avanti, perché la vera avventura è appena iniziata.
Trascorre diversi mesi sulle Montagne Rocciose e quando si trova a corto di soldi si guadagna da vivere cucinando e pulendo i cavalli dei cowboy.
Trovandosi a viaggiare spesso sola attraverso luoghi impervi e selvaggi, Isabella affronta anche momenti di grande difficoltà. Racconta di una tormenta di neve che la coglie mentre è in viaggio e che copre ogni sentiero facendole smarrire la pista.
In questo libro l’autrice mette in primo piano il potenziale pericolo alla propria vita, ma mostra di non perdersi mai d’animo e percorre circa 800 miglia sprezzante dei pericoli sul proprio cammino, scattando splendide fotografie di quei luoghi che rimarranno a documentazione di una grande stagione avventurosa.