Tra il 1960 e il 1968 in Italia andava in onda la fortunata trasmissione televisiva Non è mai troppo tardi, dove il Maestro Enzo Manzi riproduceva delle vere e proprie lezioni di scuola primaria, insegnando i rudimenti della grammatica, della matematica e geometria.
In America, invece, sempre in quegli anni persone di ogni ceto sociale, e di ogni regione del Paese, avrebbero saputo dire qualcosa su un direttore d’orchestra e compositore di livello mondiale come Leonard Bernstein e non tanto perché interessate alla musica classica, ma perché era molto spesso in televisione, intervistato in qualche talk show oppure nelle puntate dei suoi concerti trasmessi dalla CBS.
Anche Lydia Tár lo adorava, quel personaggio che valse la Coppa Volpi a Cate Blanchett l’anno scorso, e guardava a ripetizione le esibizioni del suo Maestro: Leonard Bernstein; la differenza è che la prima è frutto dell’immaginazione del regista Todd Fieldman, il secondo è esistito veramente ed era un genio, egoista ed estremamente simpatico.
La passione per la musica di Bradley Cooper è ormai cosa assodata, non lo era invece la possibilità di bissare un bel film, eppure l’interpretazione del grande compositore è incredibilmente centrata e va al cuore di quelle emozioni che la musica è capace di scatenare in te, quelle che non capisci o che non sapere di avere.
Cooper, con un invidiabile ciuffo sulle ventitrè, ha diretto e interpretato questo film chiassoso e musicale che parla di Leonard Bernstein e del suo travagliato rapporto con la moglie, l’attrice di origini cilene Felicia Montealegre Cohn, interpretata da una scintillante Carey Mulligan.
Ci sono due Leonard Bernstein, c’è quello più anziano che con voce affaticata racconta la sua vita, e c’è quello più giovane che sprizza energia erotica e potenza. C’è il Leonard Bernstein direttore d’orchestra, espressivo ed entusiasta, e c’è il compositore, pop e amato in tutta Brodway.
Leonard Bernstein amava, amava le persone, amava senza pregiudizi, svelando un suo ennesimo talento, quello per l’inclusività. Per tutto il film, Lenny parla di quanto voglia fare ed essere tutto allo stesso tempo. Ha un sacco di dimensioni e vuole riempirle tutte.
D’altra parte questa pellicola, che si avvale di Josh Singer come co-sceneggiatore e di nomi caratura come Steven Spielberg e Martin Scorsese come produttori, evita di essere un elenco di tutti i principali trionfi e insuccessi di Bernstein, ma punta sulla personalità del soggetto principale, non celando quanto potesse essere esasperante ed estenuante.
“Maestro” è anche una storia d’amore: Cooper e Mulligan raccontano l’importanza di amare le persone per come sono realmente, celebrando a gran voce il proprio diritto alla libertà sessuale, ed è chiaro come Bernstein non sarebbe mai sceso a compromessi, per quanto amasse sua moglie. Ma se Lenny e Felicia condividono un certo idealismo estasiato su ciò che può essere il loro matrimonio, alla fine sono esseri umani, pieni di gelosia e possessività. Il loro accordo funziona finché non inizia a logorare uno dei due.
Si dividono e si riuniscono, fino alla fine.
Il biopic di Bradley Cooper su Leonard Bernstein ruota attorno a una domanda chiave: è possibile avere tutto? Ed è una risposta che si può forse dare solo arrivando ai titoli di coda.