Venezia80 – “Poor Things”, una commedia fantascientifica alla ricerca della libertà senza vincoli

È una favola gotica quella di “Poor Things”, la cui morale è che la maggior parte degli esseri umani ha la capacità di cambiare in positivo e che un mondo di gentilezza sarebbe realizzabile se ogni individuo si impegnasse al massimo delle proprie capacità. 

Si tratta di un inedito adattamento del romanzo del 1992 dello scrittore scozzese Alasdair Gray, in questo caso ambientato intorno al 1900, in un mondo steampunk e alla pari di Disneyland. Yorgos Lanthimos mette in scena un mashup brillante tra “Frankenstein” e “Alice nel paese delle meraviglie”, dove la scenografia di Shona Heath e James Price e la costumista Holly Waddington – che punta su uno stile punk alla Vivienne Westwood – meritano un grande plauso.

Prtogonista assoluta è la resuscitata Bella Baxter (Emma Stone), una donna adulta che ha le capacità, il temperamento, il vocabolario e il passo sbilenco di una bambina, una Frankensteingirl sotto la custodia dello scienziato e chirurgo Godwin Baxter (Willem Dafoe), accudita dalla governante Mrs. Prim (Vicki Pepperdine) e circondata da animali bionici: il cane da compagnia in parte pollo e in parte bulldog è esilarante, ma non lo sono meno l’anatra-capra o il maiale-gatto.

Volendo registrare attentamente i progressi di Bella, Godwin assume Max McCandless (Ramy Youssef), uno studente del college in cui insegna. Max osserva come il passo goffo di Bella si trasforma in un’andatura più sicura, segue l’acquisizione di un vocabolario più ampio ogni giorno e cerca di tenere a freno i suoi impulsi più selvaggi, dai capricci alla scoperta del piacere sessuale. Ad un certo punto fugge con Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), un affascinate avvocato, deliziosa caricatura sopra le righe di un mascalzone inglese, in direzione Lisbona, poi in crociera e ancora in giro per l’Europa.

La pellicola si concentra sul viaggio erotico di Bella Baxter, e quando le immagini dal bianco e nero passano a colori palpitanti e iper-saturi, ecco che la protagonista esce dalle fasi esplorative freudiane per lanciarsi in una lunga serie di “salti furiosi”.

Inizia così una riflessione anticonvenzionale sulla libertà femminile, infatti quando Bella matura a sufficienza per iniziare a usare la logica e la ragione, ecco che Duncan inizia a diventare permaloso e possessivo: si è risvegliata, e non solo sessualmente ma immediatamente il patriarcato geloso e manipolatorio spunta fuori. 

In una straordinaria e originale interpretazione Emma Stone smonta le gabbie, impersonando una donna indipendente che non ha coscienza o ricordi, ed è quindi libera delle costrizioni della società “educata” tanto da prendere in mano i suoi desideri, il suo corpo e la sua identità rifiutandosi di essere il territorio di un uomo da conquistare. Bella rifiuta di essere vittimizzata e non si sottomette mai ai molti uomini che cercano di approfittarsi di lei. È affamata di esperienze e spesso comicamente ignara delle convenzioni sociali, mettendo d’altra parte in luce la corruzione, la debolezza e l’ipocrisia di chi la circonda. 

Lungo la strada, Bella impara che non tutti sono felici e liberi come lei; è testimone della miseria umana e questo la angoscia. Sente che è suo dovere rendere il mondo migliore, non godersi il peggio. Decide di diventare medico, come il suo padre surrogato e come dice il dottor Baxter: “È molto interessante quello che sta succedendo”.

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