Venezia81 – “Vermiglio”, un inno alla vita e alla morte verso la fine della Seconda Guerra Mondiale

Sarà proiettato nelle sale di tutta Italia a partire dal 19 settembre Vermiglio, il secondo lungometraggio di Maura Delpero, che prende il nome da un trentinissimo piccolo paesino della Val di Sole. 

Un film che sperimenta il confine tra la finzione e una realtà che Delpero vive o ricorda, soprattutto nella figura di suo nonno e suo padre. Vermiglio inizia in inverno, è raccontato in quattro capitoli, ognuno ambientato in una stagione diversa. L’anno è il 1944, a chilometri di distanza si stanno consumando le ultime brutalità del secondo conflitto mondiale; è un film di guerra dove però la guerra non c’è, non si vede, ma si percepisce negli sterminati silenzi, dall’austerità delle montagne e con l’occasionale rombo di un aereo sopra la testa. 

Il punto di forza sono i paesaggi di grande respiro, dove persino la fresca luce invernale, che viene catturata mentre entra dalle fessure delle persiane delle camere da letto, possiede una qualità magica, anche se lo splendore naturale di questo mondo non è sufficiente per distrarre dai problemi che comunque incombono. 

È la storia di un paese, di una scuola e anche di una famiglia. 

Il severo e baffuto Cesare (Tommaso Ragno) ha sette figli, con un altro in arrivo, è un po’ draconiano ma sicuramente patriarcale. È anche il maestro della scuola, di cui una buona parte degli alunni sono la sua stessa nidiata, anche se non tutti sono all’altezza dei suoi standard esigenti. Alcuni, ne è certo, andranno incontro a un futuro brillante. Gli altri saranno condannati a una vita di lavori domestici o contadini, come suo figlio Dino (Patrick Gardner). 

C’è anche Lucia (Martina Scrinzi), che vediamo intenta a mungere il latte ogni mattina, Ada (Rachele Potrich) molto religiosa ma in incline a cedere al peccato, Flavia (Anna Tahler) l’unica destinata a procedere con gli studi e poi ci sono una serie sterminata di bambini piccoli. Alcuni supereranno l’inverno, altri se ne andranno con l’arrivo della nuova stagione.

Il paese viene scosso dall’arrivo di Pietro (Giuseppe De Domenico), un soldato siciliano che ha attraversato il confine con un commilitone sulle spalle, Attilio (Santiago Fondevila Sancet) che altri non è che un altro figlio di Cesare. I due disertori – che vivono nascosti in un masetto sopra il paese – dividono la gente del posto: alcuni vedono le loro azioni come una reazione alla brutalità della guerra e dell’uomo, mentre altri li etichettano come infami, sibilando alla taverna locale che “scappare dalla guerra è vigliaccheria”, nonostante loro le armi per scelta, per necessità o perchè ci hanno mandato i figli, non le abbiano imbracciate, come gli ricorda il maestro Cesare. Se Attilio in qualche modo con quella terra ha un legame, Pietro è come una pecora smarrita, è anche analfabeta, ma il fatto che parli poco non sembra preoccupare nessuno: “Gli uomini che tornano dalla guerra hanno dei segreti”, dice qualcuno. 

Al disgelo della neve, arriva anche l’amore. Lucia e Pietro iniziano a scambiarsi fugaci sguardi, con quest’ultimo che le passa dei bigliettini che iniziano con cuori disegnati a mano e, dopo un po’ di scuola, si trasformano in rudimentali dichiarazioni d’amore.

I due si sposano, aspettano un figlio e sebbene tutti sappiano con un certo fatalismo che in mezzo alle montagne la vita sia dura e la morte dietro l’angolo, non si aspettano il tipo di tragedia – imprevista – che poi gli capiterà. 

Pietro scompare per tornare in Sicilia, la famiglia di Vermiglio si preoccupa della salute mentale di Lucia, vedova di guerra e in perenne silenzio stampa. È passato un anno, la famiglia è cresciuta e la guerra è finalmente terminata ma allo stesso tempo gli abitanti del paese incastonato nella natura percepiscono che il mondo è cambiato intorno a loro, perdendo l’innocenza che da sempre li ha accompagnati.

Il film di Delpero è una storia di donne intrappolate in antichi ruoli tradizionali, che devono sopportare il peso degli errori degli uomini senza poter intervenire; parla della presenza – e dell’assenza – degli uomini che tutto decidono e tutto condizionano, anche stando in silenzio.

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