La presenza di Israele alla Fiera dell’Oro di Vicenza è inaccettabile: con queste parole d’ordine i centri sociali del nord-est convocano una manifestazione che ha l’obiettivo dichiarato di bloccare il padiglione. L’appuntamento è sabato 20 gennaio alle 10.30 al parcheggio di via Rossi, a Vicenza. Per adesioni: [email protected]. Partenze pubbliche: Padova: h9.20 stazione FS; Venezia: h8.50 stazione Santa Lucia; Treviso: h8.30 stazione FS; Trento: h8.00 cs Bruno +39 347 566 5953; Schio: contattare +39 338 647 8425.
Dal 19 al 23 gennaio si terrà Vicenzaoro, una delle più importanti fiere al mondo del comparto orafo-gioiellistico. Al di là del fatto che si tratta di un evento che raccoglie la faccia più becera e spregevole del capitalismo, quest’anno la fiera assume una valenza politica fondamentale per la presenza di un padiglione israeliano dedicato ai diamanti, settore in cui Israele è tra i leader mondiali. Una presenza inaccettabile, che va attaccata con fermezza. Per questo come Centri Sociali del Nordest abbiamo lanciato un appuntamento alle 10.30 al parcheggio di via Rossi che ha un obiettivo chiaro: muoversi in corteo verso la Fiera e bloccare il padiglione.
Nella stessa giornata, la comunità palestinese ha indetto una manifestazione nazionale che denuncia e contesta “la partecipazione a Vicenzaoro di chi ha le mani grondanti di sangue”; la partenza avrà luogo alle 14.00 al piazzale della Stazione FS di Vicenza.
Si tratta di due momenti che, sebbene collocati in due fasi diverse della giornata, sono estremamente interconnessi perché esplicitano le tante ragioni che rendono inaccettabile la presenza del padiglione israeliano a Vicenzaoro. In primo luogo, in un contesto di economia di guerra come quello israeliano, gli introiti della fiera vanno direttamente a finanziare il tentativo costante di pulizia etnica a Gaza e in Cisgiordania. Esiste quindi un legame diretto tra l’evento fieristico e gli interessi del governo israeliano, che equivale ad avere in quei giorni a Vicenza una rappresentanza di Israele che va ben oltre il simbolico.
Negli ultimi mesi sono state diverse in tutto il mondo le mobilitazioni che hanno preso di mira gli interessi commerciali israeliani: campagne di boicottaggio, blocchi dei porti in cui opera la ZIM, la compagnia marittima che batte bandiera israeliana, scioperi nei siti produttivi che sono in varie forme legati alla costante oppressione e al massacro a cui è sottoposta la popolazione palestinese. Avere nel nostro territorio un’espressione diretta di questi interessi rappresenta un’occasione importante non solo per continuare a denunciare i crimini di Israele e la complicità di gran parte della comunità internazionale, ma anche per costruire un livello di mobilitazione che sia all’altezza dell’escalation a cui stiamo assistendo in Medio Oriente e non solo.
Il 2024 è iniziato ancora peggio dell’anno che abbiamo appena lasciato: il numero di morti palestinesi continua a crescere e si appresta a toccare il numero impressionante di 25 mila, le violenze dei coloni in Cisgiordania aumentano d’intensità e sono sempre più indisturbate, l’attacco israeliano a Beirut è stato l’apripista per un coinvolgimento sempre più possibile dell’Iran e di altri attori nel teatro bellico. Nel frattempo ci sono governo occidentali, in primis quello statunitense e quello italiano, che stanno facendo da muro a qualsiasi opzione, anche minima, di tregua e continuano ad alimentare venti di guerra verso una polveriera la cui deflagrazione può avere effetti devastanti per tutto il mondo.
Lo diciamo da tempo che il tema centrale è la guerra globale, il suo essere elemento costitutivo nell’attuale riassetto del capitalismo. Il conflitto che da 75 anni tormenta la Palestina è l’emblema della guerra contemporanea, in particolare nella totale asimmetria che connota le forze in campo e nella sua lunga durata. Ma ciò che sta accadendo negli ultimi mesi sta aprendo scenari inediti nei quali la guerra sta ricominciando a insediarsi in ogni ambito delle nostre esistenze, nella narrazione politica, nello spazio pubblico.
Vicenza questa condizione la vive nella sua quotidianità, vista la presenza delle basi americane, ma è anche negli anni riuscita a sviluppare degli anticorpi sociali che hanno reso l’antimilitarismo un tema sempre vivo di battaglia politica. Ed è anche grazie a questo portato che vogliamo affrontare la giornata di mobilitazione del 20 gennaio con tutta la ricchezza che questa contiene in termini di solidarietà ai palestinesi e a tutti i popoli oppressi, ma soprattutto nell’espressione chiara e netta di un rifiuto della guerra, senza se e senza ma.
Per questa ragione, nella manifestazione pomeridiana, ci rappresenteremo in uno spezzone con delle parole d’ordine che chiaramente indichino il nesso tra la lotta alla guerra globale, il rifiuto delle servitù militari e la solidarietà al popolo palestinese.