A partire dal primo maggio sarà disponibile la nuova rivista cartacea di Visione Tv. Il primo numero si intitola “La fine dell’impero del male”. (E’ già disponibile in preordine).
Di seguito alcuni estratti degli articoli presenti nel primo numero.
Una nuova e diversa visione del mondo
Di Francesco Toscano
Cari amici, è con un pizzico di emozione che mi appresto a scrivere questo editoriale di presentazione della nostra nuova rivista. Da tempo, infatti, coltivavo il desiderio di offrire al vasto e crescente popolo della “resistenza” uno strumento informativo e culturale coerente, articolato e forte, in grado di aiutare il variegato mondo delle “opposizioni sistemiche” a strutturare e a sedimentare un pensiero alternativo che metta costantemente in discussione i pessimi paradigmi dominanti.
Come noto, infatti, «Senza teoria rivoluzionaria non può esistere nessun movimento rivoluzionario».
Visione. Un altro sguardo sul mondo insegue proprio l’ambizioso obiettivo di cristallizzare e sistematizzare un pensiero alternativo, indispensabile per contrastare sul piano delle idee i decadenti gruppi globalisti, ora dominanti.
Lo spontaneismo, l’improvvisazione elevata a metodo e la tendenza a vivere di fiammate contrappositive rispetto alle scellerate decisioni imposte endemicamente dalle solite e apolidi classi dirigenti, rappresentano a nostro avviso i principali elementi di debolezza che impediscono alla parte migliore della nostra società di guidare o, perlomeno, di influenzare concretamente, i processi decisionali.
Visione intende cioè agevolare una rapida maturazione dell’area della contestazione, spesso avvelenata da demagoghi, urlatori e avventurieri che rischiano di condannare milioni di persone a vivere dentro una sterile adolescenza politicamente permanente.
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Unipolarismo e multipolarismo
Di Marco Rizzo
Nel suo saggio del 1992, Fine della Storia, Francis Fukuyama, aderendo alla corrente che interpreta la storia come un movimento tendenzialmente lineare, aveva acquisito la mentalità del deteriore marxismo deterministico, per cui, a un certo punto, si arriva inesorabilmente a una fine. Se per i marxisti a cavallo del XIX e XX secolo – contro cui si batté fieramente l’ultimo Engels – questa “fine della storia” era il socialismo, essendo il socialismo crollato nel Paese dove era nato, era facile dichiarare che la realizzazione del risultato atteso della partita si era sì verificato, ma con vincitore quello che non ci aspettava: il capitalismo. Da qui, si potevano intuire semplicemente le conclusioni, sovrapponendo agli aneliti socialisti le realizzazioni liberiste. In questa realizzazione del sogno socialista, trasfigurato in incubo, il ruolo dell’internazionalismo proletario si trasforma nella sua peggiore deformazione, che non è – si badi bene – il nazionalismo, che ne rappresenta l’opposto, ma il globalismo cosmopolita.
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La crisi della ragione liberale e gli Stati Uniti come problema globale
Di Andrea Zhok
La storia degli USA è una storia unica per il suo significato globale, e le conseguenze di una crisi dell’Impero americano non possono essere sottovalutate da nessuno. Per comprendere la posizione particolare degli USA nella storia contemporanea è necessario presentarne un’immagine diacronica di lungo periodo, focalizzando su una componente di carattere ideologico e una di carattere geopolitico.
1. La soglia storica della ragione liberale Sul piano ideologico, gli USA sono la più chiara ed esplicita incarnazione storica della “ragione liberale”. Per “ragione liberale” intendiamo quel movimento storico, ideologico e istituzionale, che prende le mosse tra XVII e XVIII secolo in Europa come rigetto dell’Ancien Régime sulla scorta della nuova centralità storica assunta dalla borghesia. Questo movimento, diversamente da altre grandi ideologie storiche (cristianesimo, comunismo, buddhismo, ecc.), non ha mai avuto al suo centro una proposta valoriale definita, una concezione della vita associata desiderabile, ma ha preso le mosse per via negativa, dal rigetto dell’autorevolezza della tradizione, cui si ancorava il potere delle aristocrazie, dei regni e delle chiese. Questo gesto di rigetto era sostanzialmente una richiesta imperiosa di indipendenza, su base individuale, in cui ciascun individuo assumeva di possedere diritti naturali indipendenti dalla società cui afferiva, diritti che sarebbero dovuti valere identici in qualunque società e cultura possibile. Questa finzione politica aveva l’essenziale scopo di delegittimare ogni diritto e ogni legalità storicamente tramandati, liberando con un gesto solo ogni individuo da una società, uno Stato o una religione che venissero percepiti come oppressivi.
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Come l’Ucraina è diventata un attore chiave del mercato nero delle armi
Di Nicolai Lilin
C’è la percezione che le armi occidentali in Ucraina vengano rubate da comandanti di livello quasi inferiore, ufficiali, capi magazzino, comandanti di plotone, ecc.
Tuttavia, non è così. In realtà, il sistema di furto e commercio illegale di armi nell’Ucraina contemporanea è controllato dall’alto. E questo sistema non è stato sviluppato oggi, ma è stato ereditato dal regime di Zelensky, dai suoi predecessori ladri, che sono riusciti a rendere l’Ucraina uno dei principali fornitori del mercato nero delle armi grazie alle scorte di armi sovietiche.
Dalla mia nuova indagine, scoprirete esattamente chi, tra gli assi della politica dell’Ucraina di oggi, si cela dietro l’appropriazione indebita degli aiuti militari occidentali, quali somme “girano” in questo ambito e perché i responsabili occidentali dei pezzi grossi di Kiev preferiscono chiudere un occhio sui crimini dei loro sottoposti.
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Spunti per il partito trasversale della Pace
Di Pino Cabras
Per bocca dei suoi organi più importanti, l’Unione Europea non perde mai occasione di dimostrarsi il più zelante doppione della NATO, sempre più soggetto a una catena di comando che sta fuori dalle sue istituzioni: a Washington, a Londra e in poche remote cupole finanziarie. Questo avviene mentre una congerie di strumenti istituzionali di ispirazione militare di nuovo conio si è via via sovrapposta, nel corso degli anni, alla già intricata superfetazione di compiti assorbiti dall’insaziabile costrutto eurocratico. Il Parlamento Europeo è da tempo una delle istituzioni più coinvolte nella trasformazione bellicista: non certo la più potente sul piano giuridico, né la più propulsiva. Ma, comunque, una delle più importanti per dare una patina di legittimazione che sottintenda il vecchio suffragio universale: il soft power occidentale usa come un’arma i concetti sempre più svuotati di democrazia e diritti, li carica di ideologie che espellono qualsiasi visione del mondo non allineata e, infine, li integra in un complesso militare-mediatico pervasivo. In questo contesto, la cassa di risonanza dell’Europarlamento è uno strumento niente affatto trascurabile, il luogo del vernissage che presenta e ratifica ogni nuova tappa di un novello senso comune istituzionale dove la democrazia è un simulacro, un rito esausto.
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Il ruolo della propaganda culturale nella diffusione della ideocrazia americana
Di Antonello Cresti
La storia delle comunicazioni di massa è, di fatto, strettamente intrecciata con le tecniche di propaganda e con l’idea che l’avanzamento tecnologico all’interno di tale ambito potesse costituire una fondamentale arma ideologica per chi il potere lo deteneva o ambiva a detenerlo. Sotto una simile prospettiva, la comunicazione di massa fa parte del canone della cultura novecentesca, o meglio di quella cultura in cui Adorno affermava di leggere i caratteri della sua fine: «Nella sua luce contraffatta risplende il carattere di réclame della cultura», scriveva il filosofo tedesco…
Non saremmo in grado di comprendere l’ideologia del potere dominante se non fossimo in grado di analizzare il ruolo che la propaganda “culturale” ha svolto per conto di esso, e questa consapevolezza è massimamente valida allorquando si approccia la storia degli USA; benché quella americana sia anche una vicenda scandita da una precisa volontà di potenza portata avanti coi criteri propri della geopolitica, dunque, attraverso una reiterata serie di aggressioni a Paesi sovrani, noi sappiamo che il favore con cui la cosiddetta american way of life viene vista è anche e, soprattutto, il risultato di una pervicace guerra di suggestione, portata avanti attraverso un’avanzatissima strategia di propaganda che vede come interpreti proprio le figure di quella “industria culturale” a cui si rifaceva sempre Adorno.
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Hanno partecipato a questa edizione: Augusto Bassi, Glauco Benigni, Ilaria Bifarini, Pino Cabras, Guido Cappelli, Massimo Citro Della Riva, David Colantoni, Alberto Contri, Antonello Cresti, Marco Della Luna, Elisabetta Frezza, Giacomo Gabellini, Daniele Giovanardi, Fulvio Grimaldi, Paolo Gulisano, Nicolai Lilin, Stefano Orsi, Alfio Krancic, Enrica Perucchietti, Roberto Quaglia, Lamberto Rimondini, Marco Rizzo, Michelangelo Severgnini, Gilberto Trombetta, Fabrizio Vielmini, Andrea Zhok.