Working class ed emancipazione di genere: dialogo con Filo Sottile e Marte Manca

Nel suggestivo scenario della fabbrica occupata GKN a Campi Bisenzio, luogo del primo festival italiano di letteratura working class, venerdì 31 marzo si è tenuto il dibattito “La Working Class è Queer”. All’evento hanno partecipato Filo Sottile, autrice del libro “Senza Titolo di Viaggio. Storie e Canzoni del Margine dei Generi” (Alegre, 2021) e Marte Manca, operaio e attivista di Stati Genderali e Non Una Di Meno.

Il talk si è aperto con la riflessione che dà il titolo all’evento stesso: la working class è queer?  Marte Manca risponde prontamente che lo è sempre stata, affermando che per un lungo periodo la comunità LGTBQ+ è stata protagonista nelle proteste, ma invisibile ai luoghi di lavoro. Bisogna aspettare fino al 2013 prima che venga riconosciuta la discriminazione di genere. Marte parla anche della sua esperienza come operaio e di come un anno fa abbia ottenuto la carriera Alias dopo mesi di lotta, ma che questo evento non sia stato accolto con la dovuta importanza. Marte infatti precisa che per la legge n. 164/82 non è previsto che il suo nome sia riconosciuto, a meno che non abbia una rettifica anagrafica, ma la rettifica per le persone di genere “x” non è ammessa in Italia.L’attivista afferma invece che nei contratti nazionali deve essere riconosciuta la persona in quanto alla sua identità di genere. Le proteste non sono soltanto per una questione di salari, ma anche di salute, perché la sicurezza sul lavoro vuol dire anche salute psicologica, mentre non riconoscere un’identità a persone queer sul luogo di lavoro è fonte di stress continuo.

Filo Sottile risponde alla domanda d’apertura con una riflessione statistica: le persone queer sono equamente distribuite in tutte le classi. In una società dove la maggior parte della popolazione appartiene alla classe lavoratrice, allora le persone queer provengono soprattutto dalla classe operaia, anche se hanno meno possibilità di “visibilizzarsi”. Filo inoltre precisa che la questione dell’identità di genere riguarda tutt*. Riguarda la maniera in cui ti relazioni con le altre persone: è un fatto sociale e politico. Successivamente la scrittrice parla della sua esperienza lavorativa, dove ha iniziato come falegname. Dal momento in cui ha deciso di fare coming-out, si è trovata in una situazione molto difficoltosa, dove avere anche l’accesso al reddito è stato messo in discussione. Riporta anche un’altra esperienza lavorativa come bibliotecaria precaria all’Università di Torino che nel 2015 si è dotata di un regolamento per carriere Alias. Il diritto è stato però riconosciuto soltanto agli studenti e non a chi, come lei, lavorava per l’università. Non è previsto che le persone trans lavorino per quell’istituzione, non è previsto che le persone trans “esistano” nella società. Quindi Filo aggiunge che c’è bisogno di moltiplicare le narrazioni trans, perché la narrazione trans classica è la solita questione del corpo sbagliato, mentre un’altra questione importante è che le persone trans abbiano bisogno di un “certificato per esistere”, anche se esistono già.

Marte ammette una certa difficoltà anche nell’attivismo ad uscire da una serie di “inscatolamenti”. Nella sua esperienza di transfemminismo alcune volte la militanza consisteva nell’imparare slogan, nell’imparare alcune nozioni a memoria e riprodurle. Invece bisogna rinnovarci, alzare l’asticella, ma spesso si tende a mantenere quello che si ha perché il di più spaventa. Sicuramente una cosa che deve emergere fra le rivendicazioni, rimanendo nel tema della working class, è che le donne trans subiscono tantissima discriminazione nel lavoro, e questo rimane invisibile.

Viene introdotta in seguito un’altra interessante riflessione: una delle prospettive più avanzate ed innovative nella scienza è quella della “co-evoluzione”, quindi di evoluzione nella relazione di tutti gli elementi che compongono un ecosistema. Allo stesso tempo, invece, adesso si parla sempre più spesso di “wasteocene”, cioè del descrivere la nostra epoca come l’era degli scarti, ma non nel senso dei rifiuti, bensì nel senso di creare infinite “relazioni di scarto”, in cui i poveri vanno scartati, trans vanno scartat*, il tutto frutto dei dettami del “modello unico di sviluppo”, il capitalismo.

Filo riguardo alle relazioni afferma che ogni lotta è tutte le lotte solo se ogni lotta include tutte le lotte. Tutte le persone dovrebbero essere incluse nelle lotte, sia che si tratti di persone queer, trans, con disabilità, persone razzializzate. «Si parte e si torna tutt* insieme» facendo prima attenzione alle proprie differenze. La scrittrice infatti dichiara di non sentirsi a suo agio col termine intersezionale. Nell’intersezione c’è una segmentazione, e segmentare la questione rischia di trasformare il tutto ad una gara a chi è più disagiato. Invece l’importanza dovrebbe essere rivolta verso un linguaggio esteso, un linguaggio in cui ci siamo tutt*. «Non ci interessa l’omogeneità, non siamo tutt* uguali, non ci interessa l’unanimità, non la pensiamo tutt* alla stessa maniera, ma ci interessa l’unità, stiamo lottando tutt* per la stessa cosa».

Condividi questo contenuto...

Lascia un commento